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Boobyer

Che relazione ha avuto il testo che segue con la Traduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture? Non molto! Ma, per dirlo semplicemente, G.H. Boobyer nella sua analisi delle Scritture denota perspicacia del fatto che Gesù Cristo, a partire dal tardo IV secolo E.V., non ha esattamente più avuto a che fare con gli insegnamenti tradizionali della cristianità, che lo rappresentano come "Vero Dio". Se si rivela esatto l'esame complessivo del modo in cui Gesù venga rappresentato dalle Scritture, questo dovrebbe necessariamente influenzare il modo in cui noi potremmo tradurre o, per lo meno, intendere quelle Scritture che lo descrivono come "theos" o con altri titoli e termini inerenti a potere e signoria. Ad esempio, guardate i suoi commenti su Ebrei 1:8. Raccomando questa seconda sezione per un più accurato scrutinio. E' mia convinzione che egli faccia realmente "un'analisi di pochi punti significativi" che sono "degni di nota…" La prima sezione mostra che ci sono molti eruditi che hanno, a dir poco, riserve sul fatto che le dottrine della cristianità che rappresentano Gesù sia come "Vero Dio" che come "vero uomo" abbiano il sostegno delle Scritture Greche Cristiane (NT). Boobyer è stato citato nell'opuscolo Dovreste credere nella Trinità?, pagg. 19, 20, edito dalla Watch Tower Society, che è stato criticato per questa citazione. Qui il Bolletino di Ryland è al completo. Valuterete voi se ciò che Boobyer ha scritto dovrebbe comparire in un'opera che discute sul fatto che la Trinità sia un insegnamento biblico. Io ho messo in evidenza le affermazioni conclusive del suo articolo:

JESUS AS "THEOS" IN THE NEW TESTAMENT [GESU' COME "THEOS" NEL NUOVO TESTAMENTO]

G.H. BOOBYER

(THE JOHN RYLANDS BULLETIN. VOL50.1967/8) [IL BOLLETTINO DI JOHN RYLAND]

Ciò che desidero dire su questo soggetto stasera si articola su due parti principali. La prima verterà sul bisogno di riesaminare la tradizionale interpretazione cristologica del NT; la seconda tratterà la prova della necessità di dedicare speciale attenzione ad un riesame della cristologia del NT.

I

Il prezioso libro di Aloys Grillmeier intitolato Christ in Christian Tradition [Cristo nella tradizione cristiana] (1965) ha un epilogo intitolato "Calcedonia: fine o inizio?" Qui l'erudito cattolico romano ci rammenta che, reagendo come vogliamo noi alle dispute cristologiche che agitarono la chiesa dal concilio di Nicea al concilio di Calcedonia, i padri della chiesa senza dubbio "si proponevano di preservare il Cristo dei Vangeli e l'Era Apostolica per la fede dei posteri". Dopo, però, Grillmeier cita il commento fatto da Karl Rahner: che Calcedonia non era una fine, ma un inizio, riferendosi in maniera accettabile all'invocazione di parlare la lingua del mondo moderno fatta da Papa Giovanni alla chiesa nel Concilio Vaticano II, e asserendo in fine a titolo personale che "l'esigenza di un completo riesame della fede della chiesa in Cristo fino al giorno attuale è urgente" (pag. 494).

Tempo addietro, un mio collega di rango elevato all'Università di Newcastle upon Tyne (Inghilterra) mi assicurò che i teologi hanno sempre torto! Che sia vero o meno, il prevalere del punto di vista di Grillmeier fra i teologi cattolici e protestanti risulta evidente dal numero e dalla natura degli studi cristologici prodotti da eruditi del NT e da altri in anni recenti, un lavoro al quale quello che stiamo commemorando stasera con onore e gratitudine ha apportato notevoli contributi. E se si dovesse domandare perché oggi sia necessario un riesame della dottrina cristologica, io addurrei almeno quattro ragioni.

  1. Innanzitutto, non è un bisogno urgente di apologia e catechesi? Per essere più preciso, non troviamo che la dottrina ortodossa sulla persona di Cristo sia fonte di grande perplessità per non credenti che desiderino indagare e per più di un credente cristiano che riceva catechesi? "Vero Dio dal vero Dio, generato e non creato, della stessa sostanza del Padre e della stessa perfetta natura divina, ugualmente perfetto in virilità, vero Dio e vero uomo", un linguaggio familiare che ricorda il Credo Niceno e la Definizione di Calcedonia, ma che fa chiedere quanto successo abbiano i ministri e il clero nel renderlo comprensibile, per non parlare poi della sconcertante elaborazione del Credo Atanasiano! Non si dovrebbe ammettere che a molti laici sembra pura e semplice mistificazione? Donald M. Baille lo ammise più di qualche anno fa nel suo libro largamente letto God was in Christ. [Dio era in Cristo] Egli mise in risalto "Sono convinto che un gran numero di persone riflessive che si sentano attratte dal Vangelo in questi giorni siano totalmente disorientate dalla dottrina dell'Incarnazione, molto più di quanto i teologi siano soliti rendersene conto." (pag. 29)
  2. In secondo luogo, se alcune riflessioni ora emergenti sulla natura di Dio sia al di fuori che all'interno delle chiese cristiane sono accettate, una riformulazione della cristologia tradizionale è senza dubbio necessaria. Alquanto ovvia se acquisiamo un concetto riduttivo della persona trascendentale dell'Iddio della Bibbia come viene presentato da Thomas Altizer e da altri esponenti della cosiddetta teologia della "Morte di Dio"; ma non meno sicura se optiamo per una certa forma di teologia della "Causa della nostra esistenza" associata particolarmente ai nomi di Paul Tillich e al Vescovo di Woolwich. Questa teologia sostiene che Dio, sebbene Persona, non sia un'altra Persona in relazione a noi. Finora Gesù è stato sicuramente un'altra persona; quindi se Dio non è concepito come un'altra Persona, in qual senso Gesù può essere riconosciuto come "Vero Dio dal vero Dio" e "perfetto in natura divina"? L'affermazione richiederà un vigoroso chiarimento.
  3. In terzo luogo, per qualche tempo gli studi cristologici hanno sostenuto vigorosamente l'essenziale genuinità dell'umanità di Gesù, spesso accusando la principale corrente dell'ortodossia cristologica di inclinazione al Docetismo [antica eresia, secondo la quale il corpo di Cristo era soltanto apparenza] e all'Apollinarismo [secondo il quale Gesù non aveva una mente umana]. E' ovvia la tendenza del libro appena menzionato, Dio era in Cristo di Donald Baillie; esso assume caratteristiche più marcate nell'opera più tarda come quella di John Knox e W.N. Pittenger. "Calcedonia", afferma Pittenger, "non riuscì a evitare che un Apollinarismo modificato diventasse l'ortodossia del Medio Evo" e Knox dichiara che "a qualunque costo, nelle espressioni di altre fedi predilette, la realtà e la normalità della natura umana di Gesù doveva essere conservata".

L'enfasi deriva in parte dal successo, benché meritato, col quale la moderna erudizione neotestamentaria ci ha portato a stretto contatto con lo storico Gesù di Nazaret, una conquista il cui vero valore è stato a mio avviso oscurato, col peggiore discapito, da quei recenti manierismi teologici che hanno sconfessato il loro interesse per un Gesù che non sia quello cherigmatico appartenuto alla testimonianza apostolica e che hanno negato che le nostre fonti neotestamentarie possano rivelarne uno diverso. Tuttavia, qualunque ne siano le cause, questa così pertinace insistenza, da quanto sappiamo, su ciò che Knox definisce "la realtà e la normalità della natura umana di Gesù" richiede nuovi sforzi apologetici di coloro che, con i padri della chiesa e le antiche formule di fede, ancora asseriscono che questo storico e umano Gesù, un profeta di Nazaret, oltre ad essere vero uomo, era anche ontologicamente "Vero Dio da vero Dio".

Comunemente si pensa che l'imbarazzante spigolosità di questo antico problema possa essere smussata dall'asserzione che, nonostante le implicazioni di certe loro dichiarazioni, i padri non abbiano mai avuto l'intenzione di identificare Gesù con Dio in senso assoluto. Si ritiene che questo risulti evidente dal fatto che la loro cristologia del Logos confessi Gesù come Figlio di Dio. Questa cristologia così ortodossa che confessa Gesù come vero Dio non asserisce che Gesù sia Dio senza riserva, o Dio in senso assoluto. Ma questa linea di argomentazione è sufficiente? Posso almeno ammettere con franchezza che, così come spesso lo sento dire da eminenti teologi cristiani, lo trovo alquanto straordinario? Poiché suscita subito la domanda: che genere di Dio è colui che è solo Dio con riserve, ma non lo è in senso assoluto? Se ci basiamo su un legittimo uso cristiano dei termini, si può affermare che colui che è soltanto Dio con riserve e non lo è in senso assoluto, possa essere anche vero Dio?

  1. Passo alla quarta ragione per riesaminare la tradizionale dottrina della persona di Cristo. Esiste oggi un ampio riconoscimento del fatto che la prima cristologia e specialmente quella neotestamentaria era uno sviluppo dell'esperienza cristiana di Gesù come Salvatore, sì, in realtà, come Salvatore escatologico. Cioè si è ritenuto che in lui, mediante lui e attorno a lui, Dio provvide la completa e definitiva liberazione dell'umanità dal mondo, dal peccato, dalla morte e da tutti i poteri cosmici di Satana e dei suoi demoni. In verità, l'avvento di Gesù fu ritenuto un segno premonitore della dissoluzione dei regni di questo mondo, della fine dell'era presente e del predominio del regno di Dio. Quindi, in conseguenza al ruolo conferitogli da Dio in questa stupenda successione di eventi escatologici, qual'era il suo rango? Come si deve valutare la sua posizione alla luce della sua funzione di Redentore? Fu da questo punto di vista che i primi cristiani elaborarono il loro concetto su Gesù. Perciò, quando gli conferirono i titoli onorifici di Cristo, Figlio di Dio e Signore, con questi termini non volevano dire che fosse Dio, ma che era un esecutore dell'opera di Dio. In altri termini, in origine tali titoli distintivi esprimevano non tanto la natura dell'esistenza più intima di Cristo in relazione all'esistenza di Dio, ma piuttosto la superiorità di questa funzione soteriologica nella redenzione divina dell'umanità. Questo vuol dire che la prima interpretazione della persona di Cristo contenuta nel NT è prevalentemente funzionale e non ontologica; e Oscar Cullman ha vigorosamente sostenuto l'esistenza predominante del ruolo funzionale in tutto il NT. A questo proposito scrisse: "Quando il NT domanda 'Chi è Cristo?' non vuol dire mai primariamente 'Qual è la sua natura?' ma 'Qual è la sua funzione?'"

Tuttavia, l'interesse per la natura personale di Cristo e le congetture sulla sua intima esistenza in comunione con l'esistenza di Dio non tardarono a manifestarsi fra le prime comunità cristiane e si affermarono nei documenti del NT, specialmente nei passi come Filippesi 2:5-11; Colossesi 1:15-20; Ebrei capp. 1 e 2 e nel quarto Vangelo. Inoltre, nei tre secoli successivi al periodo neotestamentario si manifestò interesse all'interpretazione ontologica della persona di Cristo in misura tale da eclissare e dominare dispoticamente la cristologia funzionale al punto che la domanda se e in qual senso Gesù era Dio divenne il dibattito dominante. La cristologia nicena e calcedoniana furono i punti culminanti di questa professione di fede che in maniera definitiva riteneva Gesù "della stessa sostanza del Padre", "perfetto nella natura divina" come nella natura umana, vero Dio e vero uomo.

Questo fece sorgere un dominante quesito di natura esegetica, vale a dire, quanto era aderente al NT la cristologia ontologica degli antichi credi nella loro vigorosa affermazione della divinità di Gesù? E' un legittimo ed inevitabile sviluppo della cristologia neotestamentaria o una sua distorsione? Alla luce della conoscenza del NT ora disponibile alla classe degli eruditi - conoscenza di gran lunga superiore a quella posseduta dai padri della chiesa - questo problema cristologico non richiede una chiarificazione vigorosa ed esauriente?

Martin Werner, naturalmente, ha offerto una soluzione al problema in termini sia sinceri che provocatori. Il dogma della divinità di Cristo, ha asserito, trasformò Gesù in un altro dio redentore ellenistico e perciò era un mito diffuso dietro il quale lo storico Gesù fu totalmente eclissato. Il prof. H.E.W. Turner ha definito il libro di Werner "brillante, erudito e perverso" (una combinazione di qualità molto possibile in un erudito!) Comunque sia, si dà il fatto che la ricerca neotestamentaria, diciamo, degli ultimi trenta-quarant'anni ha portato un crescente numero di rispettabili eruditi neotestamentari alla conclusione che Gesù stesso può non aver rivendicato nessuno dei titoli cristologici ascrittigli dai Vangeli, neppure la designazione di "Cristo", e sicuramente neppure si riteneva Dio. Per esempio, nel riferirsi alle parole espresse in Marco x.19, [10:18], H.W. Montefiore ha recentemente sottolineato che Gesù sembra avere negato esplicitamente di essere Dio; e l'esauriente analisi fatta da R.H. Fuller sullo sviluppo della cristologia neotestamentaria lo porta a vedere un'autocomprensione di Gesù che è in linea col pensiero di Bultmann. Fuller pensa che Gesù capiva di essere un profeta escatologico, non nel senso in cui propriamente si autodefinì, ma che questo era "il concetto operativo" della sua identità che lo guidò attraverso la sua missione.

A questo punto, se questa è la posizione a cui ci conduce un'accurata analisi dell'evidenza evangelica, che cosa sarà della pretesa che le proposizioni cristologiche delle antiche formule confessionali siano una corretta spiegazione della testimonianza neotestamentaria? Potete tenere in piedi due posizioni, come sembrano fare molti eruditi del NT, delle quali una, basata su uno studio critico dei Vangeli, riveli un Gesù inconsapevole d'essere Dio e senza la pretesa di esserlo, e l'altra che, basata sulla cristologia del Credo Niceno, definendolo "Vero Dio dal vero Dio", sia una corretta interpretazione dell'evidenza neotestamentaria? Un suggerimento che vorrei dare è che questo problema oggigiorno sta divenendo abbastanza acuto al punto da essere di per sé una ragione sufficiente da "riesaminare la fede della chiesa in Cristo fino al giorno presente", cosa che all'inizio di questa lettura A. Grillmeier ha ritenuto urgente.

II

Passeremo adesso alla seconda parte principale, che sarà un esame delle prove che richiedono speciale attenzione al riesame della cristologia neotestamentaria. In altri termini, valuteremo se in seguito all'incremento dell'erudizione neotestamentaria oggi sia venuto il momento propizio ad un riesame cristologico. Se si ponesse il quesito sulla base scritturale delle tradizionali formule dottrinali della persona di Cristo, quali aspetti della dottrina neotestamentaria della persona di Cristo richiederebbero un accurato riesame?

Posso dire qualcosa su tre di esse? Sono tutte familiari agli eruditi del NT e non sono state trascurate dall'apologetica cristologica. Ma meritano di essere sottovalutate?

  1. In primo luogo, nel NT i riferimenti a Gesù come "Dio" ("theos") sono rari, tranne che in nove o dieci pagine in cui Gesù è o potrebbe essere definito "Dio" ("theos"). Solitamente questi riferimenti si trovano in Giovanni i.1, 18; xx.28; Tito ii.13; Ebrei i.8f; 2 Pietro i.1 e 1 Giovanni v.20. Due o tre di questi, tuttavia, sono molto discutibili e ai rimanenti sono attribuibili vari gradi d'incertezza testuale o esegetica, tranne che ad uno in cui la venerazione conferita da Tommaso al risuscitato Gesù in Giovanni xx.28 con le parole "Mio Signore e mio Dio!" Facendo una distinzione fra questo e gli altri passi biblici, Vincent Taylor - un erudito moderatamente conservatore, specializzato in problemi cristologici - vi fa riferimento come "all'unica chiara attribuzione di divinità fatta a Cristo" nel NT.
  2. Consentitemi un'altra citazione. Karl Rahner, l'eminente teologo cattolico romano, reputa attendibile l'appellativo "theos" attribuito a Cristo in sei testi (Romani 9.5f; Giovanni i.1,18; xx.28; 1 Giovanni v.20 e Tito ii.13), precisando nel contempo che in nessuno di questi casi "theos" viene usato in maniera tale da identificare Gesù con colui che in altri passi del NT è reputato "ho Theos", cioè l'Iddio Supremo.

    Ora risulta ovvio che i pochissimi passi neotestamentari - se non addirittura uno solo - che senza controversia chiamano Gesù "Dio", non danno un'esauriente prova linguistica. Nondimeno e a confronto della frequenza con la quale questa forma di confessione cristologica è ancora imposta nelle chiese cristiane, non è soprendente la sua rarità nel NT? Se gli scrittori del NT avessero ritenuto di vitale importanza che il fedele dovrebbe confessare Gesù come "Dio", è giustificabile la quasi totale assenza di questa forma di confessione nel NT? E' sleale porsi questa domanda?

  3. Una seconda considerazione nel riesame della cristologia neotestamentaria deve senz'altro servire da sfondo al linguaggio divinizzante Cristo nel NT, vale a dire che lo sfondo di tutto il linguaggio cristologico neotestamentario in un modo o nell'altro si esprime come se Gesù fosse un essere divino e che talvolta sembra dire di se stesso di essere Dio. E quanto ricco e di ampio respiro, sì, quanto eccellente è gran parte di questo linguaggio! Per questi primi cristiani, Gesù era l'immagine di Dio, aveva l'aspetto di Dio, il fulgore della gloria di Dio, l'impronta del suo stesso essere. Egli è stato innalzato molto al di sopra degli angeli, fu il primogenito della creazione, l'alfa e l'omega, un sommo sacerdote celeste, l'uomo venuto dal cielo, la sapienza di Dio, il Logos (o Parola) di Dio che era con Dio nel principio e l'artefice della sua creazione. In quanto a titoli personali, i suoi furono i più alti che potessero conferirgli: lo proclamarono come il Cristo, il Figlio dell'Uomo, il Figlio di Dio, Signore e talvolta anche Dio!

Anche se si può provare stupore per la sua glorificazione, questo non dovrebbe impedire di chiedersi, che cosa questo linguaggio significhi realmente.

Posso raccontare un episodio un po' irriverente? Una domenica mi trovavo a svolgere un ministero in una chiesa battista. Seduto nella sagrestia con i diaconi nei posti loro assegnati a destra e a sinistra, stavo aspettando di entrare nella chiesa. Mi fu dato il comando di servire, ma non il titolo dell'inno. La porta dietro cui stavo si aprì un po', l'organista guardò nella sua direzione, poi guardò verso di me e disse semplicemente: "Vieni, Spirito Santo!" Quando risposi che per me non era ancora giunto il momento di adorare, l'austerità che i diaconi avevano conservato fino a quel momento sparì!

Quindi, divagando su una frivolezza, viene richiamato casualmente alla nostra mente un importante elemento linguistico: avulse dal loro appropriato contesto, le parole possono trasmettere significati sbagliati; parole che, nella giusta collocazione avrebbero detto il titolo dell'inno, diventavano grottesche se apparentemente rivolte a me! Quando c'è in gioco l'interpretazione della cristologia neotestamentaria, allora che cosa implica questo avvertimento? Naturalmente, il punto è che ciò che il NT dice sulla persona di Gesù dev'essere capito correttamente; non deve essere letto secondo le nostre tradizioni linguistiche degli anni '60, ma inteso secondo le categorie dei concetti e l'idioma linguistico del suo tempo, vale a dire, nel contesto del modo di pensare e di dire appartenenti all'ambiente giudaico ed ellenistico di quel primo secolo al quale i documenti del NT si riferiscono.

Ovviamente, pochissime parole non bastano a mostrare adeguatamente le implicazioni interpretative di questa impostazione esegetica quando il campo pertinente allo studio è così vasto. Tuttavia, le principali considerazioni sono conosciute abbastanza bene e compaiono in commentari, in libri di testo e opere di riferimento assieme a citazioni di originali fonti d'informazioni.

Alcuni degli speciali fatti da prendere in considerazione sono riportati qui di seguito. Il mondo greco non tracciava una netta linea di demarcazione fra l'umano e il divino, ed era disposto a divinizzare prontamente gli esseri umani, come nel caso di coloro che si distinguevano come eminenti filosofi, soldati o re, ai quali davano gli appellativi "figlio di Dio", "signore" e perfino "Dio". Per esempio, il re Antioco IV della dinastia seleucida, la cui politica provocò la rivolta macedone, si fece coniare il titolo "theos" (Dio) su una moneta, e l'imperatore Domiziano, contemporaneo di alcuni scrittori del NT, si arrogò il titolo "Signore e Dio". Tanto diffusa era questa pratica che un abile e cauto erudito del NT, il professor C.F.D. Moule di Cambridge, arrivò alla conclusione che perfino dei cristiani potessero, in un certo senso, essere stati inclini a riconoscere la divinità dell'imperatore. Che gli scrittori del NT non fossero esenti da tali modi di pensare e di esprimersi, emerge dalle sensazionali parole contenute in 2 Pietro i.4, dove viene detto che i comuni cristiani sarebbero divenuti "partecipi della (o di 'una') natura divina"; e che il risultato della salvezza cristiana sarebbe stata certamente una deificazione (in qualunque senso) è dichiarato talvolta dai padri cristiani. Spesso viene citata la dichiarazione fatta da Atanasio su Gesù: "Divenne uomo affinché fosse deificato".

Nonostante il suo monoteismo ferventemente dichiarato, basato sulla fede nel solo e vero Dio trascendentale delle Scritture Ebraiche, il Giudaismo, culla della cristianità, ha talvolta sorpreso con la sua propensione ad attribuire termini divinizzanti a creature angeliche, a concetti personalizzati della Saggezza e del Logos e perfino a creature umane. I documenti di Qumran ne hanno prodotto ulteriore evidenza. Testi giudaici scritti sulla Saggezza, sul Logos e sulla Torà (la Legge mosaica) contengono stretti parallelismi alla descrizione neotestamentaria di Gesù come immagine di Dio, fulgore della gloria di Dio, suo primogenito, artefice di Dio nella creazione del mondo e così via. Filone potè definire il Logos un "secondo Dio". Attribuendo termini onorifici a creature umane, il Giudaismo ellenistico cominciò a definire divini ("theioi") dei caratteri veterotestamentari eminenti; un uomo giusto poté essere un "figlio di Dio"; si può citare un passo di Filone, in cui allude a Mosè come a un "theos" (dio).

Ma per essere sicuri, già nel VT, il re d'Israele come unto di Dio viene chiamato "figlio di Dio", e in due o tre passi il sostantivo "dio" viene ora applicato ad uomini. Il Salmo xlv.6f. provvede un esempio significativo, dato che qui i significati maggiori e minori del sostantivo "Dio" compaiono affiancati, vale a dire, "Dio" col consueto significato di Dio supremo d'Israele e "dio" applicato alla persona del re d'Israele. Per di più, questo parallelo si trova in Ebrei i.8f come prova che Cristo qui figura come "dio" nella sua connotazione minore nell'originale che, se tradotto tradizionalmente, è apparentemente riferito a Gesù Cristo.

Questo breve e frammentario esame dell'ambiente linguistico deve terminare. Comunque, è possibile che si sia detto abbastanza ad indicare che gli scrittori neotestamentari parlarono di Gesù in un ambiente la cui terminologia dovremmo considerare appropriata solo se, riferita alla vera esistenza divina, potrebbe essere applicata ad angeli e propriamente a creature umane. Si può affermare che in quel mondo del primo secolo certe creature umane erano in origine associate alla sfera celeste e che si poteva attribuire loro in una certa misura un'affinità ontologica alla natura divina, onorandoli con titoli come "figli di Dio", "Signore", sì, perfino "dio", tuttavia senza alcuna intenzione di equipararli alla dignità che è esclusiva dell'Iddio Altissimo.

Ho già sottolineato che questa evidenza linguistica legata all'ambiente non è stata affatto ignorata, ma che è conosciuta troppo bene. Tuttora, quando si espone il significato del linguaggio cristologico neotestamentario secondo il metodo tradizionale, è opportuno chiedersi se gli si dia la dovuta importanza.

(3) La terza ed ultima delle tre considerazioni trattate in questa lettura e che meritano maggiore attenzione nel riesame della cristologia neotestamentaria è quanto può essere certamente descritto come approvata subordinazione della cristologia neotestamentaria. Vale a dire, non è un fatto che proprio nel NT il lettore trovi ripetute prove che, in maniera implicita o esplicita, rappresentino Gesù in una posizione inferiore a Dio? E non è particolarmente significativo che la sua posizione resti invariata anche dove il NT parla della persona e delle funzioni di Gesù dopo la sua risurrezione e glorificazione in cielo?

Qualunque cosa fosse accaduta in quella prima Pasqua cristiana, i primi cristiani erano convinti che Dio avesse risuscitato Gesù dalla morte e lo avesse esaltato al più alto dei cieli, dove si ritiene che dimori. Inoltre, nella sua dimora celeste e da lì il celeste Gesù, tornato dalla sua esistenza terrena, avrebbe continuato e portato a termine la sua opera di redenzione. Di conseguenza, l'evento della risurrezione era una svolta importante nell'evoluzione della cristologia neotestamentaria. Questo è stato messo in evidenza da ricerche recenti. Per esempio, Barnabas Lindars scrisse del suo recente libro New Testament Apologetics [Scritti apologetici del NT] pubblicato nel 1961: "…questo studio mostra come la risurrezione di Gesù sia il fattore primario nella formulazione del dogma cristiano. I titoli messianici gli sono attribuiti come conseguenza di questo evento e sono perorati appellandosi ad esso" (pag. 29)

Questo giudizio è valido e rende essenziale un'accurata considerazione dei racconti neotestamentari della vita successiva alla risurrezione e dell'attività del celeste Cristo, laddove sia conseguita una vera delucidazione della cristologia neotestamentaria. Possiamo esaminare qualche punto significativo?

Innanzitutto è degno di nota il fatto che, nella sua vita celeste posteriore alla resurrezione, Gesù sia rappresentato come un'individualità del tutto distinta e separata dalla persona di Dio così com'era stato nella sua esistenza umana sulla terra. Accanto a Dio e comparato con Dio, egli appare in realtà come una persona celeste al cospetto di Dio, ma distinta da Dio, proprio come gli angeli, ma molto al di sopra di loro; sebbene Figlio di Dio, di una categoria differente. Non c'è da stupirsene, pertanto, proprio perché la cristologia angelica era stata un notevole filo conduttore della prima corrente di pensiero cristologico, come è stato riconosciuto da altri eruditi ed enfatizzato da Martin Werner, che ha inoltre detto che chiamando Gesù "Signore" ("Kyrios"), Paolo e la prima chiesa intendevano dire che Gesù "era una persona celeste di tipo angelico posta in elevata posizione " e che il titolo distintivo "Signore" era un particolare tipo di designazione e invocazione tardogiudaica rivolta ad angeli come a "signori" ("kyrioi").

Ma qualsiasi cosa possa dirsi pro o contro la validità della cristologia angelica, non toglie nulla al fatto che la distinzione e la separazione della persona celeste di Cristo dalla persona di Dio nella sua vita ed attività celeste siano sufficientemente chiare. Noi sappiamo che Gesù siede alla destra di Dio; nel racconto biblico leggiamo che Stefano nel suo martirio vide Gesù in quella posizione (Atti vii.56); e in fine, ovviamente, le persone sulla terra dovranno rivederlo come persona alquanto distinta da Dio quando, con i suoi santi angeli, tornerà trionfalmente dal cielo nella sua parousia, cioè, nel suo secondo avvento.

In realtà, tanto completa e consistente è la sua individualità separata da Dio che se gli scrittori del NT lo considerassero Dio in senso pieno, e se per amore dell'argomento i riferimenti neotestamentari allo Spirito Santo fossero lasciati in disparte, il risultante concetto di Dio non sarebbe una forma di diteismo? Non vedo come tale conclusione possa essere evitata.

Tuttavia, quanto è detto della sua vita e delle sue funzioni come Cristo celeste non significa né implica che nella condizione divina egli stia alla pari con Dio e sia Dio in senso pieno. Al contrario, nella descrizione neotestamentaria della sua persona e del suo ministero celesti noi contempliamo una figura che è sia separata che subordinata a Dio. Noi impariamo che egli riconosce o rinnega creature umane davanti a Dio (Matt. x.23.f; Luca xii.8); egli intercede per noi presso Dio e come paraclito celeste perora la nostra causa presso il Padre (Rom. viii.34; Ebrei vii.25; 1 Giov. ii.1); egli è il mediatore fra Dio e gli uomini (1 Tim. ii.5); e in Ebrei c'è una descrizione familiare del suo ministero sacerdotale celeste come sommo sacerdote fedele a Dio, che offre preghiere e supplicazioni a Dio e può in realtà rivolgersi a Dio Padre come all'Iddio suo (i.9; x.7).

E come sarà alla fine quando, compiuta la sua eminente opera di Cristo celeste, egli riappare nella gloria della sua parousia? San Paolo è alquanto esplicito su di lui. L'apostolo scrive che dopo quel vittorioso evento, e dopo che Cristo avrà posto tutti i rimanenti nemici sotto i suoi piedi, allora egli restituirà a Dio il completo dominio, come notiamo nel pertinente passo contenuto nella New English Translation [Nuova Traduzione Inglese]: "…quando tutte le cose gli saranno sottoposte, allora Dio sarà ogni cosa a tutti" (1 Cor. xv.28).

In qualche altro passo e al di fuori delle allusioni all'opera celeste di Cristo, questa enfasi neotestamentaria data alla subordinazione di Gesù a Dio è ricorrente, come ad esempio, e in modo notevole, nel quarto Vangelo, il solo documento contenente i due più sicuri riferimenti alla divinità di Gesù nell'intero NT! In questo Vangelo Gesù non solo è descritto più come Figlio che come Dio in posizione preminente, ma è descritto anche come un Figlio che esplicitamente dichiara "il Padre è maggiore di me" (xiv.28), o "non posso fare nulla da me stesso…non cerco la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato" (30); notare che la volontà di Gesù è differente dalla volontà di Dio! Il quarto Vangelo contiene altri riferimenti dello stesso tenore, come quando nel prologo giovanneo Gesù in qualità di Logos viene chiamato "theos" ("Dio") o quando Tommaso esclama nel capitolo 20 "Mio Signore e mio Dio!"; in proposito J.M. Creed ha del tutto ragione nel dichiarare: "Perfino il prologo di San Giovanni, che si avvicina di più alla dottrina nicena, deve essere letto nella chiave di un marcato subordinamento presente in tutto il Vangelo".

La situazione è simile all'esposizione cristologica di San Paolo. Comunque si interpretino i dettagli di importanti passi cristologici come Filippesi ii.5-11 o Colossesi i.15-20, essi devono in definitiva essere compresi nella stessa chiave interpretativa di tutta la cristologia di Paolo. Questa posizione è chiaramente espressa nel passo citato poco sopra in cui Cristo restituisce la sovranità a Dio affinché Dio sia ogni cosa a tutti. (1 Cor. xv.28) E si ripresenta con inequivocabile chiarezza nelle parole espresse in 1 Corinti xi.3 "il capo di ogni uomo è Cristo; e il capo della donna è l'uomo; e il capo di Cristo è Dio".

Questa discussione volge al termine, ma con quale conclusione?

La mia lettura dei fatti deve inevitabilmente essere limitata e soggetta ad errori. A ragione o a torto, il maggior peso dell'evidenza è sul versante di coloro che pervengono alla stessa conclusione di H.W. Montefiore in questi termini "una cristologia che è espressa in termini di relazione funzionale e personale, anziché essere strutturata in categorie ontologiche, significa un ritorno alla prospettiva biblica". Vale a dire che nell'esporre e proclamare il significato di Gesù Cristo, gli scrittori del NT non erano motivati principalmente da curiosità intellettuale sulla natura della persona di Cristo e sulla sua relazione con l'esistenza divina di Dio, sebbene questo interesse sia qualche volta evidente. Essi furono colpiti dalle proporzioni dell'opera di redenzione svolta da Gesù al servizio di Dio e con l'autorità conferitagli da Dio. Perciò, se occasionalmente si riferirono a Gesù come a "Dio", lo intendevano sotto il profilo soteriologico, nel ruolo conferitogli da Dio per adempiere il suo proposito della salvezza escatologica. Esprimendosi con questi termini, essi non equiparavano Gesù a Dio e certamente non intendevano dire che egli, sotto il profilo ontologico, fosse vero Dio, ma che lo fosse sotto il profilo funzionale. Usando i termini espressi in 1 Corinti viii.6, proprio come essi sapevano dell'esistenza non solo di molti signori, ma anche di un solo vero Signore, cioè, Gesù Cristo, così pure erano consapevoli dell'esistenza non solo di molti dèi, ma anche del solo vero Dio, l'Iddio e Padre del Signore Gesù Cristo. A Dio al di sopra di tutti apparteneva il dominio, la potenza e la gloria per tutta l'eternità".